Archivi categoria: News & miscellanous

Microsoft Research & interaction design a Milano (via Cambridge UK)

Questo l’ho scritto per Infoservi, dove fa mostra di sé con un titolo appena un poco più giornalistico.

Segrate non è proprio in cima alla lista delle design location milanesi, giusto? Uno pensa al glamour di via Tortona, alle vele della nuova fiera, a certi spazi lussuosi di zona 1. Però a Segrate ci sono un po’ di aziende. Una di queste è Microsoft Italia. Intorno è tutto terziario e industriale; un paesaggio non molto bucolico, specie con la nebbiolina dell’inverno. Dalla strada che porta lì si vedono le forme sempre più grigie del grande palazzo Mondadori, quello di Oscar Niemeyer — uno stacco netto, che piaccia o meno: in mezzo a quei prefabbricati anonimi, sembra l’ultima impronta lasciata da una civiltà superiore.

Palazzo Mondadori
Foto di Francesca Simondi, fonte: Mondadori.com http://www.mondadori.it/Media/Multimedia-Gallery/Sede/Palazzo-Mondadori-inverno

Microsoft lo scorso novembre ha promosso e ospitato un workshop intitolato “Interaction Design @ Microsoft Research”, per far meglio conoscere la “visione [dell’azienda] sull’evoluzione delle tecnologie di Interaction Design attualmente oggetto di ricerca e sviluppo nei laboratori di Microsoft Research”. Il workshop rientrava nel programma dei Faculty Days, iniziativa più ampia per gli scambi con il mondo accademico. Io ero lì con il doppio cappello di NABA, Scuola di Media Design e Arti Multimediali, dove insegno ormai da qualche anno un corso di metodologia, e con quello di Infoservi, grazie all’invito indirizzato in precedenza ad Alberto (che pure insegna in NABA) e Francesco Monico, direttore della Scuola, da parte di Roberto Cavallini e Mauro Minella di Microsoft,

Nell’auditorium a dire il vero non eravamo in molti, ma quasi tutti hanno seguito i lavori dall’inizio alla fine e le conversazioni durante le pause, almeno per me, sono state fitte ed eccellenti. Buona parte della giornata è stata spesa nella presentazione di alcune tecnologie e strumenti Microsoft nel dominio della creatività e del design: di mio ho trovato interessante soprattutto l’introduzione a SketchFlow di Roberto, ma si è parlato anche parecchio di Blend e soprattutto  di Silverlight, dove come sanno anche i sassi da tempo Microsoft sta proponendo un’alternativa al numero uno in questo spazio, Flash di Adobe. Dicevamo però di interaction design e Microsoft Research. Bisogna dare credito qui agli organizzatori per aver aperto una finestra su pratiche, metodi e processi di progetto diventati un riferimento nel contesto internazionale, ma purtroppo molto meno frequentati dalle nostre parti (e sì, è difficile trovarne traccia anche nella Milano “capitale del design”, come disse con grande cortesia Bill Moggridge quando passò in Mediateca per Meet the Media Guru, recensito sempre qui su Infoservi).

In rappresentanza di Microsoft Research ha parlato quindi Richard Banks, di stanza a Cambridge, UK, dove c’è l’unico polo europeo della struttura globale di R&D dell’azienda. Un centinaio di persone sulle duemila totali impiegate nel mondo. Di queste cento, ha spiegato Richard, la maggior parte lavora su problemi di pura (“hard core”) computer science, mentre un buon quarto, al quale appartiene lui stesso, si colloca in un ambito ibrido, una combinazione di ricerca sociale, psicologia e design, dove per design si intende appunto “interaction design”. Penso sia meglio precisare, col rischio di sembrare pedantii: nel mondo accademico e nella pratica professionale non c’è ancora un accordo granitico sulle definizioni e sui confini esatti di questo dominio. Non ci mettiamo a imbastire qui la discussione teorica. Chi volesse una traccia autorevole sul punto potrebbe partire per esempio dalle prime pagine di Theories and Practice in Interaction Design, co-editato da Gilliam Crampton Smith, tra l’altro presente al workshop (oggi è allo IUAV, dopo l’esperienza all’Interaction Design Institute di Ivrea). Durante la pausa ho trovato il modo di chiacchierare un po’ con lei di design, design research e interaction design in Italia.

Dicevamo dell’intervento di Richard Banks. Pur essendosi assegnato il compito di offrire soltanto una cornice e un rimando (“grounding”) al resto delle presentazioni previste nella giornata, molto più orientate ai prodotti, Richard ha aperto un bello squarcio su alcune delle ricerche in corso nel suo gruppo, dando dimostrazione di come si può articolare il nesso tra design e ricerca nello sviluppo delle tecnologie. Dal punto di vista culturale, è il mondo descritto magistralmente da Bill Buxton in Sketching User Experiences, uscito nel 2007 e già diventato un titolo importante nella migliore divulgazione sul tema. Buxton è entrato in Microsoft Research in tempi abbastanza recenti, dopo una lunga carriera di ricercatore sulle interfacce sviluppata tra università di Toronto, Xerox PARC, SGI e Alias Wavefront. I metodi e i casi raccontati nel suo libro, a voler cercare una formula, mostrano che l’essenza esplorativa, visuale e generativa del design tradizionale può evolvere in un insieme di modelli e di tecniche adatti a progettare interazioni, media e “intangibili”, per dirla con John Chris Jones (per inciso, il nume tutelare del mio corso in NABA). Come ovvio qui il discorso va oltre le dimensioni pur gigantesche di Microsoft: uno dei casi di studio più ampiamente illustrati nel libro di Buxton, acclamato in quarta di copertina nientemeno che da Bill Gates, riguarda l’evoluzione della user inteface dell’iPod…

I progetti su cui si è soffermato più a lungo Richard hanno a che fare con la fotografia digitale, la memoria personale e familiare, compresa quella delle persone che sono mancate. Una scelta originale e interesante, credo. Le applicazioni e i servizi digitali straripano di cose utili, divertenti o inutili, ma alle volte sono lontane dagli affetti o dai dolori più forti della vita quotidiana, come quello del lutto. Le persone, ha sottolineato Richard, sono già parte di ecologie complesse e pre-esistenti rispetto alle tecnologie, con le quali entrano poi in relazioni di reciproca influenza (Buxton, aggiungo io, ha scritto che “technologies are adapted, not adopted”). Si tratta di comprendere le persone dal loro punto di vista (Richard: “understanding users in human terms”, e non in “machine terms”), per poi mettere a fuoco idee e opportunità di progetto. Nel caso della fotografia, la domanda di fondo è quindi sul “futuro della memoria” (“the future of looking back”). Pensiamo alla tradizione della fotografie di famiglia, delle immagini fatte per conservare un ricordo. In molte case, spesso in una posizione di rispetto, magari in sala, c’è un classico ritratto di famiglia. Cosa potrebbe diventare il ritratto di famiglia nell’età di Flickr e dei Social Network?

Un prototipo mostrato da Richard, sviluppato attorno alle fotografie del padre, offre un’interfaccia che esplora a più livelli la storia personale, quella familiare e la storia generale degli avvenimenti, pubblici, politici, economici e culturali. Le foto analogiche ereditate dal figlio, una volta digitalizzate, si arricchiscono attraverso le associazioni con altre immagini e storie che ne costituiscono il contesto. In un’altra vista sulla sperimentazione il focus è sulla modalità di interazione. Un’interfaccia multitouch (credo via Surface) permette di manipolare le immagini come se fossero raccolte in una serie di box, per analogia con le scatole delle foto stampate. Un altro prototipo mostra le possibilità di esplorare un ambiente andato distrutto o disperso, come uno studio personale o un garage degli attrezzi, combinando in un oggetto 3D una serie di immagini scattate fintantoché era ancora integro, per esempio nello stato in cui era quando la persona venuta a mancare lo viveva quotidianamente. Nelle parole di Richard, questi artefatti sono “eredità tecnologiche” (“technology heirlooms”), emergenti nell’uso quotidiano ma con ampie possibilità di cambiamento, indagine, invenzione.

Timecard - Richard Banks

The Timecard (Richard Banks)

Sono soltanto esempi, come si capisce. Come e quando diventeranno prodotti e tecnologie per tutti è un’altra storia. Ma danno un’idea del tipo di ricerca possibile su persone, società e interazione. Due o tre segnalazioni in chiusura per chi volesse approfondire: il newsfeed di Microsoft Research (dove si parla di R&D in generale, non solo interaction design), il sito personale di Bill Buxton (con molti articoli e video) e per la generazione più giovane il nome celebre, ben meritato, di danah boyd, sempre ricercatrice a Microsoft Research, non UK ma New England — btw, a quando Microsoft Research Milano?

Trento, “multinazionale tascabile della ricerca” (Il Sole)

Il fatto è che sul mercato della ricerca, Trento sta diventando un hub internazionale, una multinazionale tascabile, per usare la definizione coniata da Mediobanca per le medie imprese italiane in grado di competere su scala globale. È piccola, ma aperta alle reti lunghe della globalizzazione. Meticcia per posizione e vocazione.

http://www.ilsole24ore.com/dossier/Economia%20e%20Lavoro/2010/start-up-italia/

Rilancio un pezzo del Sole 24 Ore su Trento e la ricerca, con un po’ di evidenza per la bella nota sul carattere “meticcio” del luogo. Potrebbe apparire strano forse, specie se si pensa al profilo severo della città, a quel tanto di rigidità della provincia (detto con la massima comprensione: ci sono nato e cresciuto in provincia). Ora non voglio farla lunga con le associazioni più ovvie, in primo luogo la vicinanza, lo scambio, gli scontri con la cultura e le nazioni di lingua tedesca. Ma non è detto che non ci sia un legame con la capacità attuale di essere più aperti e internazionali di cui parla l’articolo. Di mio l’ho sperimentato in questi mesi grazie ai progetti con gli amici e colleghi di Create-Net (a partire da Vertigo).

Design research = chiedere ai clienti cosa vogliono?

Ah, la domanda topica che risuona troppe volte nelle sale focus: “che cosa vorresti?” Sguardo smarrito dei “soggetti” più sinceri, o logorrea improvvisa nei casi peggiori. “Chiedere ai clienti cosa vogliono”, specie quando si parla di cose future, non è detto che sia un’idea brillante. Basta il senso comune per capire che è difficile anticipare la forma o il razionale di un nuovo prodotto o servizio, specie se si cerca una grande novità, una rottura (disruptive innovation nel gergo… wow). Fare “design research”, fare ricerca per il progetto, e coinvolgere le persone in questa ricerca, *non* vuol dire questo. Un articolo di un’accademica appena uscito sul New York Times fa il punto sulla faccenda. L’ho trovato da Bruce Nussbaum, che lo riprende puntando anche al breve saggio già molto discusso di Donald Norman su innovazione radicale, design research e tecnologia. Vedi il post in inglese.

Cinquecento interviste per Ecopass a Milano

Il campione. Palazzo Marino preferirebbe indagini ristrette ma molto approfondite. È quel­lo che ha richiesto a Eurisko. Piuttosto che telefonate sparse nel globo terracqueo, cinque­cento interviste vis-à-vis della durata di un’ora con una con­versazione serrata e stringen­te. Vedremo i risultati.

via Comune, sondaggio sull’Ecopass «Pedaggio per tutti o centro chiuso» – Milano (Maurizio Giannattasio – Vivimilano, Corriere della Sera)

Oh per una volta fa capolino una tipica ricerca qualitativa al posto della solita collezione di questionari (foss’anche online). Bene se lo ha chiesto proprio il Comune, di sua iniziativa. Numeri e percentuali sono usati così spesso e male per argomentare in modo cosiddetto oggettivo —  specie da amministratori, politici e gente collegata.

Nuove visualizzazioni dal “playground” di Last.fm

At Last.fm, we enjoy being mad scientists, playing with data and infographics — stay tuned for more in the visualization department!

via Last.fm – the Blog · Mad Science + Awesome! = New playground apps.

Ah finalmente qualcosa di nuovo e fresco da Last.fm, per quanto non sia nulla di enorme… ma per me molto interessante come argomento di ricerca e sviluppo su media e visualizzazioni (vedi la versione inglese del post per la discussione).

Intanto alter, più o meno happy Last.fm subscriber dall’ormai lontano 2004, può esibire il bel collage sotto con il sax di Daniele Sepe, la milionesima foto cool di Bjork, la faccetta enigmatica di Mozart, il piglio di Ali Farka Touré…

Poi c’è Quella sopra invece è la “Tube Tags map”, una vera roba da londinesi geek. A quanto pare ho ripreso un po’ la Folk line, specie alla fermata Stefano Miele (la dritta originale su di lui la devo ad Alberto Cottica).

Update 9 November 2013: le pic inserite a suo tempo nel post se ne sono andate con il mezzo blog-disastro dello scorso ottobre. Le ho rimpiazzate con quella sotto, presa dal blog Visualizing Music – grazie! non che abbia chiesto in effetti…)

Last.fm Tube Tags visualization


La TV si è rotta

Per una volta rimando da qui al post in inglese (non solo perché tradurre è noioso…) con un mezzo commento.

Il tema: la crisi dei modelli di servizio e di interazione (o consumo) della TV, visti nella sintesi notevolissima di un ricercatore finlandese di stanza negli Stati Uniti. Lettura molto interessante, specie nel giorno in cui su Friendfeed è stata rilanciata la news del Guardian sul sorpasso degli investimenti per la pubblicità via Internet a danno di quelli per la TV (dettagli volanti per capire: si parla dei primi sei mesi dell’anno, fonte IAB UK).

Carte da gioco per “crisi creative”

Brian Eno, insieme al pittore Peter Schmidt, ha creato un mazzo di 100 carte per aiutare a risolvere le crisi creative.”Strategie Oblique” è disponibile in 5 edizioni di cui ben 4 sono disponibili per la consultazione online

via Oblique Strategies | www.masayume.it – Giochi, Grafica, Giappone.

trovato via Pensieri Spettinati

Le reinterpretazioni delle carte da gioco per scopi pratici mi interessano molto. Queste non le conoscevo. Qui il riferimento non è tanto al progetto (al design) ma alla creatività in generale, anche se in effetti il primo riferimento è pur sempre al mondo del progetto, almeno di tipo artistico. Di mio ho in mente le famose Ideo Method Cards, che per certi versi hanno forse una natura più ibrida, un po’ reference sui metodi e un po’ forse fonte di ispirazione su quali direzioni prendere, magari in una ricerca (i metodi del resto sono solo accennati: ricordo che in un workshop a PDC 2006 qualcuno lamentò che era molto difficile usarle con gli studenti). Guarderò meglio e magari mi procurerò le carte di Eno e Schmidt. Se si vuole sono una sorta di “serious game”.

Ps: masayume ha un sacco di cose notevoli tra l’altro su illustrazione giapponese e dintorni.

“Capire perchè il ragazzino seduto di fianco a noi sul tram ascolta Fabri Fibra ci risulta impossibile?”

Sabato 1 agosto — h 16.30 Laboratorio di di inchiesta sociale condotto da Stefano Laffi

Capire perchè il ragazzino seduto di fianco a noi sul tram ascolta Fabri Fibra ci risulta impossibile? Riuscire a fare due chiacchiere con la sciura del mercato è a rischio borsettate sulla faccia? Passare dei contenuti durante un’iniziativa è considerato ormai volgare, meglio un volantino con molte figure e un aperitivo in compagnia? Beh, anche gli altri avranno le loro ragioni

Riappropriamoci della nostra capacità di comunicare con la città e con le varie genti che la popolano, partendo dalla nostra capacità di osservazione, di ascolto e di messa in discussione.

Per comprendere il cambiamento e leggere le connessioni sistemiche. Per interpretare i dati che ci circondano con lenti nuove

via ri-voltalacarta | Luglio Libertario 09 – programma

Il primo di agosto di prammatica si starebbe al mare, o in coda in autostrada, o questo era il rito di massa quando ero ragazzino io 😉

Ma se uno dovesse essere a Milano ci sarebbe questa proposta, parte dell’iniziativa linkata sopra (da Centro Sociale Torchiera): Stefano l’ho conosciuto anni fa via Alberto (infoservi) e sono sicuro che sarà una cosa molto interessante.

Problemucci con la versione italiana di questo blog (qTranslate e WP 2.8 / 2.8.1)

Qualcosa di misterioso, almeno per me 😉 fa apparire un po’ di testo sulla versione di WordPress nella colonna a destra del blog. Spero sparirà con il passaggio alla 2.8, che non ho ancora fatto in attesa della nuova versione di qTranslate, il plug-in che utilizzo per la gestione delle due lingue (italiano/inglese). Se foste interessati lo raccomando molto, provatelo e non dimenticate di mostrare supporto, almeno con il rating! (Per chi conoscesse il tema: a oggi lo sviluppatore di qTranslate sembra sia a buon punto, con una versione di sviluppo funzionante e la promessa di una versione definitiva al rilascio della 2.8.1).